SENTENZA DEL TRIBUNALE DI NAPOLI
compatibilità tra indennità di accompagnamento e rendita da malattia professionale
Nel caso oggetto della sentenza che si segnala, il ricorrente, già titolare di rendita Inail per inabilità (100%), chiedeva il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, concessa in sede amministrativa.
L'INPS comunicava il mancato accoglimento della domanda per "incompatibilità con la rendita INAIL".
Il caso trattato è peculiare e merita approfondimento.
La supposta incompatibilità tra le prestazioni oggetto di causa dovrebbe trovare la sua ratio nelle medesime finalità assolte da entrambi gli emolumenti in questione. Ma a ben vedere è evidente che completamente diverse e non raffrontabili sono le finalità perseguite da ciascuno dei benefici posti a confronto. Infatti, l’indennità di accompagnamento è una prestazione di natura assistenziale finalizzata ad aiutare la persona che, per le gravi condizioni di salute in cui si trova, corrispondente a requisiti ben precisi normativamente delineati, necessiti di assistenza personale e continuativa, fornendo così un aiuto economico, a prescindere dall’origine della malattia e dalla posizione assicurativa-contributiva del richiedente.
La rendita da inabilità permanente Inail attiene, invece, specificamente ad una menomazione che il titolare si è procurato nello svolgimento di attività lavorativa con conseguente finalità risarcitoria per il danno permanente alla salute, a prescindere dalla necessità di assistenza personale e continuativa, e solo in presenza di determinati requisiti di assicurazione e contribuzione.
Già solo da una nozione generica dei due benefici è chiara la differente disciplina e ratio sottesa agli stessi, proprio in quanto diversa è la finalità di ognuno dei due istituti.
Sulla presente questione si è già pronunciata la Suprema Corte in isolate decisioni, ben evidenziando che l’incompatibilità dell’indennità di accompagnamento “con analoghe prestazioni concesse per invalidità contratte per cause di guerra, di lavoro o di servizio” debba essere interpretata nel senso che, al fine della verifica della sussistenza o meno del suddetto rapporto di analogia, il raffronto tra le prestazioni deve essere operato facendosi esclusivo riferimento alla natura ed alle finalità delle stesse. Ne consegue che, secondo la Corte (Cass. civ., sez. lav., 8.05.2001, n. 6400), il divieto di cumulo in questione deve considerarsi operante esclusivamente rispetto alle prestazioni dirette a sopperire alle medesime esigenze cui fa fronte l’indennità di accompagnamento e non con riguardo a prestazioni predisposte per soddisfare altre e differenti esigenze e necessità, come la rendita da inabilità permanente erogata dall’Inail (nella specie la suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva ritenuto ravvisabile il suddetto rapporto di analogia tra indennità di accompagnamento e rendita Inail da inabilità permanente, facendo riferimento all’unicità della patologia giustificante il diritto alle due prestazioni considerate).
Di analogo tenore è la sentenza della suprema Corte del 3.02.1998, n. 1082, che precisa ulteriormente il principio secondo cui l’intervento assistenziale che si esprime con l’indennità di accompagnamento di cui alla legge n. 18 del 1980, non è indirizzato al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capacità di lavoro (essendo tale indennità indifferente alla condizione reddituale e riferibile anche a minori degli anni 18), ma è configurabile come misura di integrazione e sostegno del nucleo familiare, incoraggiato a farsi carico di tali soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura ed assistenza, con conseguente diminuzione della spesa sociale.
Dalle decisioni surrichiamate, è dunque, evidente la piena compatibilità dell’indennità di accompagnamento con la rendita per inabilità erogata dall’Inail, sulla base della diversa ratio sottesa ai due emolumenti.
avv. Francesco Gentile
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